Indice dei Contenuti
- 1 La Cassazione, con la sentenza n. 23754/2018, ha precisato i presupposti per il risarcimento del danno causato dai rumori dei vicini
- 1.0.1 IL CASO
- 1.0.2 RICOGNIZIONE DELLA NORMATIVA APPLICABILE IN MATERIA DA PARTE DELLA CASSAZIONE
- 1.0.2.1 Normative tecniche su inquinamento acustico come indice di tollerabilità dei rumori
- 1.0.2.2 Valutazione della tollerabilità in base alla situazione concreta
- 1.0.2.3 Modalità di rilevazione della tollerabilità delle immissioni acustiche
- 1.0.2.4 Natura del danno da immissioni sonore non tollerabili
- 1.0.3 CONCLUSIONI
La Cassazione, con la sentenza n. 23754/2018, ha precisato i presupposti per il risarcimento del danno causato dai rumori dei vicini
IL CASO
Il giudizio traeva origine dalla domanda proposta al Tribunale di La Spezia da due condomini i quali lamentavano che la realizzazione e l’uso di un secondo bagno da parte dei proprietari di un appartamento confinante provocava immissioni sonore intollerabili derivanti dall’uso frequente, anche notturno, degli scarichi.
Di conseguenza chiedevano al giudice di condannare i vicini all’eliminazione delle citate immissioni ed al risarcimento del danno costituito dal pregiudizio al loro riposo notturno.
Il Tribunale di La Spezia rigettava tuttavia la domanda.
La decisione della Corte di Appello di Genova
I condomini che si ritenevano “danneggiati” proponevano appello davanti alla Corte di Appello di Genova, che affidava a un consulente tecnico la verifica della situazione dei luoghi.
Il consulente accertava che il bagno era stato realizzato in una parete adiacente la stanza da letto dell’appartamento dei condomini “disturbati” nel punto esatto ove era posta la testiera del letto; e, per le modeste dimensione della camera, lo stesso non poteva trovare collocazione altrove.
Superamento dei limiti tecnici di tollerabilità
Quanto alle immissioni acustiche, il consulente accertava un notevole superamento della normale tollerabilità delle stesse, oltre che un illegittimo uso del muro divisorio dei due appartamenti dove era stata installata la cassetta di incasso dei servizi che avrebbe invece dovuto trovare collocazione invece nel relativo locale bagno.
La Corte di Appello di Genova accertava in conclusione che le immissioni acustiche provenienti dal bagno confinante arrecavano disturbo al riposo dei proprietari dell’immobile confinante tanto nelle ore notturne quanto nelle prime ore del mattino, pregiudicando la normale qualità della vita in un luogo destinato al riposo.
Il diritto al rispetto della vita privata e familiare tutelato dalla CEDU
Il suddetto disturbo veniva qualificato dalla Corte come una lesione del diritto alla libera e piena esplicazione delle abitudini di vita quotidiana dei soggetti danneggiati, diritto tutelato sia dalla Costituzione sia dall’art 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
Di conseguenza la stessa Corte ordinava ai proprietari del bagno di effettuare una serie di opere per ridurre il rumore e riconosceva in favore dei vicini di casa disturbati un danno quantificato in una determinata somma a forfait per ogni anno nel quale avevano patito le immissioni.
I proprietari del bagno proponevano però ricorso in Cassazione.
Secondo la loro tesi, la CTU disposta dalla Corte di appello di Genova non aveva tenuto conto, nella misurazione delle immissioni acustiche, dei rumori di fondo, ovvero i rumori costanti che si producono allorquando si verificano le immissioni ritenute moleste.
RICOGNIZIONE DELLA NORMATIVA APPLICABILE IN MATERIA DA PARTE DELLA CASSAZIONE
La Cassazione precisava, in primo luogo, che le normative tecniche speciali, che prescrivono i livelli di accettabilità delle immissioni, perseguono esclusivamente interessi pubblici.
Normative tecniche su inquinamento acustico come indice di tollerabilità dei rumori
Le stesse possono però valere anche come indici di valutazione del limite di intollerabilità dei rumori che si propagano da proprietà a proprietà – nei cd. rapporti orizzontali di vicinato tra “privati” – come disciplinato all’ art. 844 c.c. (Cassazione civile sez. II, 01/10/2018, n. 23754).
La norma citata prevede che i rumori provenienti da una proprietà confinante devono essere “sopportate” dal vicino purché non superino la cd “normale tollerabilità”.
Ma, proprio in applicazione dell’art. 844 c.c., la valutazione della tollerabilità delle immissioni spetta pur sempre – anche nel caso dette immissioni non superino i limiti fissati dalle norme di interesse generale – al prudente apprezzamento del giudice che può e deve tenere conto delle particolarità della situazione concreta sottoposta al suo giudizio.
Valutazione della tollerabilità in base alla situazione concreta
L’art. 844 c.c. affida infatti al giudice il compito di individuare nel caso concreto il significato da attribuire a una espressione così ampia e generica come “normale tollerabilità”.
La soglia di normale tollerabilità dei rumori non ha infatti carattere assoluto ma dipende dalla situazione ambientale, dalle caratteristiche della zona e dalle abitudini degli abitanti.
L’esposizione ad immissioni sonore intollerabili può determinare una lesione del diritto al riposo notturno e alla vivibilità della propria abitazione, la cui prova può essere fornita dal danneggiato anche mediante presunzioni sulla base delle nozioni di comune esperienza (Cassazione. n. 26899 del 2014).
Modalità di rilevazione della tollerabilità delle immissioni acustiche
Nel caso di specie, la Cassazione ha osservato che la Corte di Appello di Genova aveva accertato il superamento della normale tollerabilità in considerazione del superamento di tre decibel, misurato dal consulente incaricato delle rilevazioni, rispetto agli standard previsti dalla normativa specifica.
Quanto alla contestata erroneità del criterio di rilevamento delle immissioni sonore – avvenute nelle ore notturne e quindi, secondo i proprietari dei servizi incriminati, in assenza di rumori di fondo – la Cassazione ha precisato che la Corte di Appello di Genova si era correttamente attenuta al principio secondo cui il limite di tollerabilità delle immissioni rumorose non è mai assoluto e va valutato in concreto anche considerate le peculiarità della zona e le abitudini dei soggetti coinvolti.
Nel caso di specie, infatti, la Corte aveva accertato in concreto che le immissioni rumorose prodotte dai servizi potevano essere anche notturne e, in questo caso, verificarsi in una situazione di rumore di fondo pressoché inesistente.
Cosicché non era illogico il giudizio della Corte basato su misurazioni operate in situazione di scarso rumore di fondo, ovvero alle 10 del mattino di un giorno feriale.
Natura del danno da immissioni sonore non tollerabili
La Cassazione ha poi affermato che, in modo parimenti corretto, la Corte di Appello di Genova aveva qualificato il diritto al riposo come diritto al rispetto della vita privata e familiare riconosciuto e protetto dalla Convenzione Europea dei diritti umani (art. 8).
La violazione di questo diritto può quindi produrre un danno che si ripercuote sulla qualità della vita di un individuo anche all’interno della sua abitazione.
La stessa Corte europea per i Diritti dell’Uomo, ha rammentato la Cassazione, aveva più volte riconosciuto alle parti vittime di immissioni intollerabili, proprio in applicazione di tale principio, un consistente risarcimento del danno morale anche in assenza di un vero e proprio stato di malattia.
Anche la Cassazione aveva già affermato che la lesione del diritto al normale svolgimento della vita familiare all’interno della propria casa e del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane – compreso il riposo – sono pregiudizi apprezzabili in termini di danno non patrimoniale (Cass. n.7875 del 2009).
CONCLUSIONI
In conclusione la Cassazione, confermando la sentenza della Corte di Appello di Genova, ha accertato la sussistenza di un danno risarcibile correlato al pregiudizio al diritto al riposo, che si ripercuote sulla qualità della vita di un individuo e conseguentemente sul diritto alla salute, che è un diritto tutelato dalla stessa Costituzione all’art. 32.
Anche in mancanza di un vero e proprio stato di malattia, la lesione del diritto al normale riposo all’interno della propria abitazione è da considerare un pregiudizio da risarcire in termini di danno non patrimoniale la cui prova può essere data anche per presunzioni sulla base delle nozioni di comune esperienza.
Avv. Elena Pagliaretta
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