iNDENNITà DI OCCUPAZIONE E CREDITO D'IMPOSTA

L’Agenzia delle Entrate con la Risposta n. 120-2021 ha dichiarato applicabile il credito di imposta anche alle indennità di occupazione in specifici casi

LA VICENDA

La questione era stata sollevata da una società che svolgeva e svolge un’attività di impresa all’interno dei locali di proprietà di un comune italiano in base a un contratto di concessione scaduto il 31 dicembre 2016.

Decideva di rivolgersi alla Agenzia delle Entrate per chiedere se il credito d’imposta per i canoni di locazione degli immobili a uso non abitativo e affitto d’azienda – introdotto dall’art. 28 del decreto legge n. 34 del 19 maggio 2020 (cd. Decreto Rilancio) e poi ampliato, quanto a periodo di concessione, dal decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137 (cd. Decreto Ristori) – poteva essere applicato anche all’indennità di occupazione dalla stessa corrisposto al proprietario dei locali, successivamente alla scadenza della concessione, nei mesi di chiusura da lockdown previsti nella normativa stessa.

Il mancato “incolpevole” rinnovo della concessione

La società precisava che, per motivi non attinenti alla sua volontà, la concessione non era stata rinnovata; ciò nonostante, l’attività commerciale dalla stessa svolta all’interno dei locali – che la stessa continuava a occupare – era comunque continuata.

Solo nel corso del 2020 il Comune concedente, proprietario dei locali, aveva avviato infatti l’iter istruttorio per il rinnovo della concessione che tuttavia, nei mesi interessati, ancora non si era perfezionato anche a causa dei ritardi prodotti, sull’attività della amministrazione pubblica interessata, dagli effetti della pandemia COVID-19.

Corresponsione della indennità provvisoria di occupazione

La società precisava che, nelle more, aveva comunque continuato a corrispondere al Comune l’importo prima dovuto come canone di concessione a titolo di indennità provvisoria di occupazione.

In particolare sottolineava come tale corresponsione aveva riguardato anche i mesi di marzo, aprile, maggio e giugno 2020 per il quali l’art. 28 sopra citato prevedeva il credito di imposta per i contratti di locazione commerciale e affitto d’azienda.

SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE

Secondo la società il credito d’imposta in esame avrebbe dovuto esserle riconosciuto sia per avere comunque corrisposto l’indennità di occupazione per utilizzare i locali sia perché il mancato rinnovo della concessione dipendevano motivi non attinenti alla sua volontà.

Chiedeva dunque alla Agenzia delle Entrate un chiarimento sul punto.

LA RISPOSTA DELLA AGENZIA DELLE ENTRATE

La finalità della agevolazione del credito di imposta

L’Agenzia delle Entrate, nel rispondere al quesito, ha posto l’attenzione sulla finalità dell’agevolazione introdotta dal legislatore con il beneficio fiscale del credito di imposta introdotto dall’28 del Decreto Rilancio per i mesi di marzo aprile e maggio 2020 e poi estesi anche a ottobre, novembre e dicembre 2020 dal Decreto Ristori  e ai mesi da gennaio a maggio 2021 dal Decreto Sostegni Bis

La ragione del riconoscimento del credito di imposta in una percentuale calcolata sui canoni di locazione degli immobili a uso commerciale o su quello di affitto d’azienda effettivamente pagati, nei mesi di chiusura delle attività non essenziali, da parte dei conduttori o degli affittuari d’azienda esercenti tali attività –  così come dai professionisti o dagli artigiani – è stata quella di contenere gli effetti economici negativi derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19.

Assimilazione tra canoni e indennità sine titulo

Tali effetti negativi, concretizzatisi nelle chiusure totali o parziali delle attività, hanno determinato – spiega l’Agenzia delle Entrate – una inevitabile riduzione dei ricavi o dei compensi delle attività economiche a fronte dell’incidenza invariata dei costi fissi tra i quali, in particolare, il canone di locazione, di leasing o di concessione di immobili delle piccole attività economiche.

In considerazione della finalità della agevolazione introdotta dalla norma – e ai soli fini del riconoscimento della stessa – l’Agenzia delle Entrate ha dunque ritenuto, con la risposta in commento, che il rapporto tra il contribuente e il Comune dal quale scaturiva l’obbligo di pagamento di una indennità per l’uso o l’occupazione dei locali commerciali adibiti all’effettivo e perdurante esercizio a una attività economica “compromessa” potesse essere assimilato ai contratti «di locazione, di leasing o di concessione di immobili» di cui all’articolo 28 del decreto Rilancio.

CONCLUSIONI

Di conseguenza, un soggetto che, a seguito del venire meno di un precedente contratto di godimento di un immobile o di affitto di una azienda, abbia continuato ad esercitare una attività economica nell’immobile oggetto del contratto venuto meno e abbia corrisposto per questa ragione una indennità di occupazione sine titulo può fruire del credito d’imposta di cui al citato articolo 28 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, con riferimento alla quota di “indennità” corrisposta per i mesi di marzo, aprile, maggio e giugno 2020 – oltre che delle altre mensilità riconosciute dalla normativa successivaindipendentemente dalla qualificazione fiscale (cfr. circolare n. 43/E del 2007) che tali somme assumono ai fini delle imposte dirette.

Dall’iter argomentativo della Agenzia delle Entrate pare tuttavia che, ai fini di questa “estensione” del beneficio fiscale alla indennità di occupazione sine titulo deve esserci stato, a monte, un titolo contrattuale scaduto o venuto meno e non (ancora) rinnovato senza che vi sia colpa imputabile alle parti e tanto meno al conduttore.

Elena Pagliaretta

 

 

 

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