Il Tribunale di Milano con una recente sentenza estende a tutte le locazioni commerciali la riduzione prevista dal legislatore ai soli gestori di impianti sportivi

Il Tribunale di Milano, con la recente sentenza n. 4355-2021 – pubblicata il 18 maggio 2021 – ha posto un altro significativo tassello nella costruzione giurisprudenziale del “diritto alla riduzione del canone di locazione” in favore degli esercenti attività economiche – professionali, commerciali o artigianali – con riferimento alle mensilità nelle quali le loro attività sono rimaste chiuse – e quindi improduttive di reddito – per l’obbligatorio rispetto dei vari provvedimenti di lockdown disposti dalle autorità pubbliche per il contrasto alla diffusione dell’epidemia da Covid-19.

GIURISPRUDENZA PRECEDENTE: IL RICORSO AL PRINCIPIO GENERALE DELLA BUONA FEDE 

Le corti di merito non erano certo nuove ad aperture in questo senso – si rinvia, in proposito, alla lettura di un precedente articolo pubblicato su questo blog – le quali tuttavia basavano il loro fondamento, nella ricerca di un riequilibrio tra controprestazioni nei contratti di locazione o affitto di azienda, sull’applicazione del principio generale della esecuzione secondo buona fede del contratto prevista dall’art 1375 c.c.

La sentenza del tribunale milanese va oltre al mero richiamo del principio appena citato e, dopo un excursus sullo stato del diritto in tema di impossibilità (anche parziale) della prestazione, àncora il diritto alla riduzione del canone, con un particolare metodo interpretativo – del quale si dirà di seguito – a una norma di legge, precisamente l’art. 216, comma 3, della Legge 77/2020 di conversione del cosiddetto Decreto Rilancio.

IL CASO SOTTOPOSTO AL TRIBUNALE DI MILANO 

La controversia risolta dalla sentenza in questione traeva origine dal mancato pagamento del canone di locazione relativo al periodo aprile-giugno 2020 da parte di un esercente un’attività di bar-ristorante svolta nei locali di proprietà del locatore il quale decideva di citarlo in giudizio per ottenere lo sfratto per morosità.

All’udienza per la convalida dello sfratto i canoni risultavano frattanto tutti saldati dall’esercente, sia pure in ritardo rispetto alle scadenze previste nel contratto.

Ma poiché il contratto conteneva una clausola di risoluzione di diritto del contratto anche per l’ipotesi di mancato pagamento di una sola rata decorsi 8 giorni dalle convenute scadenze, il locatore chiedeva che il Tribunale dichiarasse in ogni caso l’intervenuta risoluzione del contratto per fatto e colpa del conduttore.

Ricognizione delle norme applicabili per il caso di parziale inadempimento del contratto

Il Tribunale di Milano, pronunciandosi nella causa con la sentenza che qui si commenta – in senso sfavorevole per il locatore – ha colto l’occasione per effettuare una ricognizione della disciplina generale in tema di (parziale) inadempimento nei contratti a prestazioni corrispettive.

Da qui è poi passata a formulare la tesi della applicazione analogica, al contratto di locazione commerciale del conduttore gestore di una attività di ristorazione, della norma contenuta nell’ art. 216, c.3, della L. n. 77/2020 (conversione del cd. “Decreto Rilancio”) e dettata per i soli conduttori esercenti attività di palestre, piscine e impianti sportivi.

Debenza dei canoni per i periodi di lockdown: dovuti per intero ? 

Il Tribunale, nel verificare la “colpevolezza” del inadempimento costituito dal ritardo nel pagamento dei canoni – che solo avrebbe comunque consentito di pronunciare la risoluzione del contratto – ha sottolineato come, in primo luogo, lo stesso fosse da escludere per alcuni elementi di fatto provati dal conduttore (e che qui non rilevano).

Oltre a ciò, il giudice milanese ha osservato come il ritardato pagamento aveva riguardato un trimestre interessato dal blocco delle attività di bar e ristorazione imposto dai provvedimenti di c.d. lockdown per il contenimento degli effetti della pandemia da Covid-19 ed in relazione al quale era da ritenere “quanto meno dubbio che l’importo fosse dovuto nella sua interezza.

Distinzione tra “detenzione” dell’immobile e sua “destinazione contrattuale” 

Il Tribunale di Milano ha infatti sottolineano che l’obbligazione principale che fa capo al locatore nel contratto di locazione – e che va individuata, ai sensi dell’art. 1575 n. 2), nell’obbligo di mantenere la cosa locata “in stato da servire all’uso comune” – si compone in effetti di due distinte prestazioni.

La prima riguarda l’obbligo di assicurare al conduttore la detenzione materiale del bene, la seconda quello di assicurare a quest’ultimo la concreta utilizzazione dell’immobile in base all’uso per per il quale è stato locato: nel caso di specie la gestione del ristorante.

Per effetto del lockdown, ha osservato il Tribunale, ai conduttori di immobili adibiti ad uso commerciale, produttivo e professionale è stata di fatto inibita, in forza di un ordine di chiusura delle attività non essenziali da parte dell’autorità, l’utilizzazione “piena” del bene immobile destinato allo svolgimento delle relative attività economiche.

La limitazione nel pieno godimento dell’immobile per il lockdown

Tale divieto ha comportato senz’altro una limitazione nel godimento del bene locato, non tanto sotto il profilo della sua detenzione – che è rimasta nella generalità dei casi al conduttore – quanto piuttosto della sua utilizzazione secondo la destinazione negoziale.

In definitiva, il conduttore ha ricevuto una prestazione “parziale” anche se tale parzialità – essendo dovuta alla necessità di rispettare un ordine pubblico e non a un comportamento del locatore  – non poteva ritenersi imputabile, in termini di responsabilità contrattuale, a quest’ultimo.

Squilibrio tra le prestazioni del conduttore e del locatore 

Tale considerazione della “non colpevolezza” del locatore non eliminava tuttavia il fatto che l’impossibilità, per il conduttore, di “sfruttare” appieno l’utilità economica del contratto di locazione commerciale andava inevitabilmente ad alterare l’equilibrio tra, da una parte, il godimento “sacrificato” che ne poteva trarre l’esercente costretto a tenere chiusa l’attività e, dall’altra, l’obbligo di pagare al locatore, sia pure incolpevole, un canone “pieno” così come stabilito nel contratto.

Riduzione del corrispettivo e impossibilità definitiva della controprestazione 

Il Tribunale ha ricordato come nell’ordinamento italiano esiste una norma – l’art. 1464 c.c. – in base alla quale quando in un contratto a prestazioni corrispettive – come la locazione o l’affitto –  la prestazione di una parte diviene anche solo parzialmente impossibile (anche se non per sua colpa), l’altra ha diritto a vedersi ridurre proporzionalmente la controprestazione posta a suo carico.

La norma, ha tuttavia sottolineato il giudice milanese, si applica solo nell’ipotesi in cui l’impossibilità parziale sia definitiva e non transitoria, come invece deve ritenersi – e come di fatto si è dimostrata – la chiusura disposta dall’autorità a causa della pandemia.

Possibili rimedi: la riduzione del canone prevista dall’art 1584 c.c. 

Oltre a ciò, nella specifica materia delle locazioni, il legislatore ha dettato alcuni rimedi a tutela del conduttore per i casi di sopravvenuta e temporanea limitazione nel godimento del bene per causa non imputabile al locatore.

Tali rimedi riguardano la particolare ipotesi in cui devono eseguirsi riparazioni all’immobile i quali si protraggano oltre un certo periodo di tempo: in tali evenienze al conduttore è riconosciuto il diritto a una riduzione del canone proporzionale alla diminuzione del godimento dell’immobile.

Questa disciplina tuttavia, ha osservato il Tribunale, è discutibile possa applicarsi tout-court alla diversa ipotesi di chiusura per lockdown delle attività commerciali svolte all’interno di locali che, materialmente, restano perfettamente agibili.

L’applicazione “costituzionalmente orientata” dell’art 216 L. 77/2020 

Il Tribunale è dunque ricorso all’applicazione dell’art. 216, c.3, della L. n. 77/2020 (di conversione del cd. “Decreto Rilancio”) che aveva previsto, sia pure limitandolo ai soli conduttori di impianti sportivi, piscine e palestre e con riferimento al periodo marzo-luglio 2020, il diritto a una riduzione del canone locatizio per i conduttori esercenti di tali attività economiche in ragione della forzata sospensione delle attività sportive imposta dai provvedimenti di lockdown.

L’entità della riduzione, salva la prova di un diverso ammontare a cura della dello stesso esercente, si presumeva dovuta, a norma dell’articolo citato, nella percentuale del cinquanta per cento del canone contrattualmente.

CONCLUSIONI

Una interpretazione “costituzionalmente orientata” della citata norma consente, a giudizio del Tribunale di Milano, l’applicazione analogica della stessa –  e dunque il riconoscimento del medesimo diritto alla riduzione del canone – anche ai rapporti di locazione aventi ad oggetto immobili destinati allo svolgimento della generalità delle attività commerciali, industriali e professionali sospese per via dei vari provvedimenti di lockdown.

Diversamente, secondo il giudice meneghino, si concretizzerebbe una ingiustificata e irragionevole disparità di trattamento per situazioni uguali o analoghe che contrasterebbe con il principio di uguaglianza sancito dalla Costituzione.

Elena Pagliaretta

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