Orario chiusura bar: limiti della disciplina comunale

La recentissima sentenza n. 6895/2021 della Cassazione “circoscrive” in maniera netta e puntuale il potere degli enti locali di imporre limiti di orario alla apertura dei locali

IL CASO

Nel 2015 il Comune di Ferrara, a seguito di un controllo, sanzionava con un “multa” di 530,00 euro il titolare di un bar situato nel centro cittadino per avere tenuto aperto il locale oltre gli orari di chiusura imposti da una delibera emessa nel 2010 dal Consiglio comunale cittadino.

La tesi difensiva del titolare del bar

Il titolare si opponeva alla sanzione facendo ricorso al Giudice di Pace di Ferrara che tuttavia rigettava l’opposizione dando ragione al Comune; anche il Tribunale di Ferrara, al quale il barista si rivolgeva per chiedere la riforma della sentenza di primo grado, rigettava l’appello confermando la decisione del Giudice di Pace.

Il titolare dell’esercizio commerciale aveva sostenuto l’illegittimità del Regolamento comunale  del Comune di Ferrara del  12 luglio 2010 n. 11/54259-10 – in base al quale era stato sanzionato – poiché, secondo la sua tesi, il D.L. n. 201 del 2011, (“c.d. decreto “Salva Italia“), apportando modifiche  al D.L. n. 233 del 2006, art. 3 (c.d. “decreto Bersani“), aveva sottratto ai Comuni la competenza “normativa”, e dunque il potere, di regolare gli orari di chiusura delle attività di somministrazione di alimenti e bevande.

La “contraddittorietà” dello stesso Tribunale di Ferrara

Il titolare del bar aveva inoltre prodotto una sentenza del 2016 dello stesso Tribunale di Ferrara che, in un caso del tutto analogo, aveva accolto l’opposizione alla una sanzione presentata da un altro esercente proprio adducendo la illegittimità del medesimo Regolamento comunale.

Da ultimo, il titolare rilevava la mancata considerazione, da parte del Tribunale di Ferrara, della circostanza che nel 2015, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) si era espressa – con l’atto AS1209 – sulle disposizioni del Regolamento del Comune di Ferrara riguardante l’attività di somministrazione di alimenti e bevande che prescriveva fasce orarie di chiusura obbligatoria.

La sentenza n. 909/2016 del Tribunale di Ferrara

Tuttavia il Tribunale di Ferrara, con sentenza n. 909/2016, aveva ritenuto infondata la tesi dell’esercente multato e ne aveva rigettato l’appello, confermando la legittimità della sanzione irrogata dal Comune; secondo il giudice ferrarese, le modifiche apportate dal D.L. n. 233 del 2006, art. 3 (c.d. “decreto Bersani”), non avrebbero fatto venire meno il potere dei Comuni di regolare gli orari di chiusura delle attività di somministrazione di alimenti e bevande

Per conseguenza doveva ritenersi legittimo il Regolamento comunale del 2010, basato sulla L.R. n. 14 del 2003 dal D.L. n. 233 del 2006, art. 3 (c.d. “decreto Bersani”), nella parte che disciplinava l’esercizio delle attività di somministrazione di cibi e bevande con la previsione dell’obbligo di chiusura, nel centro storico, negli orari fissati.

IL “PARERE” DELLA AGCM

In effetti l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, alla quale era stata fatta una segnalazione e una richiesta di chiarimenti, si era espressa nel 2015 con un parere” (AGCM Orari chiusura Comune di Ferrara) – riversato poi in una segnalazione ai sensi dell’articolo 21 della legge 10 ottobre 1990 n. 287 –  affermando che la delibera incriminata del Comune di Ferrara sollevava criticità quanto al rispetto del principio della libertà di concorrenza.

Secondo l’AGCM tale Regolamento, in contrasto con le disposizioni dell’art. 31 del D.L. 2011, toglieva all’autonomia degli esercenti la piena determinazione dell’orario di funzionamento dei loro esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, fissando autoritativamente gli orari di chiusura serale o notturna (Bollettino n. 33 del 21 settembre 2015).

All’Autorità non sfuggiva che il regolamento comunale fosse preordinato ad assicurare il meritevole scopo  di mantenere “buone condizioni di vivibilità delle aree residenziali”, e tuttavia la stessa osservava come gli interessi costituzionalmente rilevanti sottesi – quali ad esempio la salute e la quiete pubblica – dovessero essere assicurati, all’occorrenza, applicando la specifica normativa vigente a tutela dei medesimi e non, al contrario, ponendo limitazioni non strettamente necessarie al libero dispiegarsi dell’iniziativa economica, anch’esso valore costituzionalmente protetto.

I richiamati orientamenti della Corte Costituzionale in materia

L‘AGCM aveva anche richiamato la posizione della Corte Costituzionale che aveva più volte chiarito come “la liberalizzazione dell’orario degli esercizi commerciali così come delle giornate di apertura, tuttavia, non determina alcuna deroga rispetto agli obblighi e alle prescrizioni cui tali esercizi sono tenuti in base alla legislazione posta a tutela di altri interessi costituzionalmente rilevanti quali l’ambiente, l’ordine pubblico, la pubblica sicurezza, la salute e la quiete pubblica”.

Insomma, semplificando, la tesi del giudice supremo è che si puniscono le violazioni di interessi costituzionalmente garantiti – salute e ordine, ad esempio – intervenendo a sanzionare, con apposite norme, le violazioni di tali valori e non sacrificando in via generale ed ex ante, comprimendolo ingiustificatamente,, un altro interesse costituzionalmente garantito quale è la libertà di iniziativa economica promosso dalla liberalizzazioni (sentenza n. 299/2012).

Conclusioni della AGCM

L’Autorità garante concludeva affermando che la delibera del Comune di Ferrara appariva in contrasto con i principi fondamentali in materia di concorrenza stabiliti dalla legislazione vigente in materia di  liberalizzazione e invitava il Comune a porre in essere le misure ritenute più opportune e adeguate a ripristinare corrette dinamiche concorrenziali in materia di orari di apertura degli esercizi commerciali.

RICOGNIZIONE DELLA NORMATIVA DA PARTE DELLA CORTE DI CASSAZIONE

La Cassazione dichiara che tesi sostenuta nella sentenza citata del Tribunale di Ferrara non è assolutamente condivisibile, e richiama la significativa circostanza che in altre pronunce dello stesso Tribunale – citate dal titolare del bar nelle sue difese – le opposizioni alle sanzioni, basate sui medesimi motivi, erano state accolte.

La competenza esclusiva dello Stato in base all’art. 117 della Costituzione

La Cassazione puntualizza innanzitutto come la giurisprudenza costituzionale più recente ha espressamente ricondotto alla competenza dello Stato,  in base all’art. 117 , comma 2, lett. e), della Costituzione la competenza esclusiva  in materia di tutela della concorrenza, dalla quale consegue la illegittimità delle disposizioni normative adottate dagli enti locali recanti interventi di regolazione degli orari degli esercizi commerciali, che il giudice ordinario è quindi tenuto a disapplicare.

Le sentenze della Corte Costituzionale richiamate dalla Cassazione

In particolare, la Corte costituzionale con le sentenze n. 239/2016 e 98/2017 aveva già dichiarato la illegittimità costituzionale di disposizioni normative regionali che, ponendosi in contrasto con la fonte normativa statale costituita dai già citati D.L. n. 201 del 2011, art. 31, comma 1, modificativo del D.L. n. 223 del 2006, art. 3, comma 1, lett. d-bis, avevano  introdotto limiti e vincoli all’attività commerciale in tal mondo così incidendo, illegittimamente, sulla competenza normativa esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza.

La competenza esclusiva dello Stato in materia di disciplina della concorrenza

E, per consolidata giurisprudenza della stessa Corte Costituzionale, la normativa statale volta all’eliminazione dei limiti agli orari e ai giorni di apertura degli esercizi commerciali è da considerarsi, per l’appunto, appartenente alla materia della tutela della concorrenza e attua un principio di liberalizzazione del commercio.

Ogni modifica dunque spetta allo Stato legislatore: posto che la totale liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali non costituisce soluzione imposta dalla Costituzione, lo Stato – e solo lo Stato – in forza del citato art. 117 della Costituzione, potrà rivederla in tutto o in parte, temperarla o mitigarla.

La disciplina regionale – che è disciplina normativa secondaria – che intervenga in detta materia viola dunque il profilo del riparto di competenza e tutti gli atti amministrativi o regolamentari da quella derivati, compreso il Regolamento comunale di Ferrara, sono da ritenere illegittimi.

LA DECISIONE DELLA CASSAZIONE

La Cassazione, con la sentenza n. 6895-2021, sez. II, ha dunque “cassato”, sulla base della analisi sopra riportata, la sentenza del Tribunale di Ferrara “smontando” letteralmente l’iter argomentativo che aveva condotto quest’ultimo a rigettare l’appello proposto dal titolare del bar.

Il citato regolamento dal Consiglio comunale di Ferrara, adottato con delibera del 12 luglio 2010 (con particolare riferimento ai suoi articoli 4-bis e 10), avrebbe dovuto quindi essere “disapplicato” in quanto  illegittimo e  la conseguente la sanzione amministrativa irrogata dal Comune al titolare del bar avrebbe dovuto essere annullata.

Per di più, ha rilevato la Cassazione, l’articolo del Regolamento comunale ferrarese dal quale era derivata l’emanazione dell’ordinanza-ingiunzione al titolare del bar non conteneva la previsione delle fasce orarie di apertura e chiusura degli esercizi giustificandola espressamente con un “correlato” fine di tutela della salute, dei lavoratori, dell’ambiente, ivi incluso l’ambiente urbano, e dei beni culturali.

Il potere del Sindaco: ci vuole una ordinanza motivata con effetto limitato nello spazio e nel tempo

La Cassazione, in conclusione, fa salvo l’esercizio del potere, da parte del Sindaco, di adottare  – ai sensi del D.lgs. n. 267 del 2000 art 50, comma 5, (cd. Testo Unico Enti Locali) –  ordinanze contingibili ed urgenti per imporre eventualmente orari di chiusura degli esercizi a tutela dei valori costituzionalmente rilevanti come la saluto o l’ordine pubblico ma tali ordinanze, per loro intrinseca natura, devono spiegare effetti spaziali e temporali limitati e devono essere sorretti da una specifica ed adeguatamente motivata individuazione delle situazioni di fatto dalle quali potrebbe originarsi la lesione dei valori della sicurezza e della salute.

Decidendo la causa nel merito, la Cassazione ha dunque annullato l’ordinanza-ingiunzione inflitta al barista.

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