Linea fissa fuori uso no risarcimento

Per la Cassazione la accertata mancata disponibilità della linea non comporta necessariamente la prova di un danno (sentenza n. 76 del 4.1.2022 )

IL CASO

Un ingegnere F.A. si rivolgeva al Tribunale di Spoleto per chiedere di ordinare in via d’urgenza a TIM S.p.a. e Fastweb S.p.a. l’attivazione del trasferimento, dalla prima alla seconda, della linea di telefonia fissa allo stesso intestata.

Nel contempo chiedeva la liquidazione del risarcimento dei danni che affermava di avere subito, come professionista, a causa della indisponibilità della linea fissa protrattasi per mesi.

SENTENZA DEL TRIBUNALE E DELLA CORTE DI APPELLO

Il Tribunale tuttavia rigettava la domanda di risarcimento poiché non riteneva provato il danno.

Tale decisione veniva successivamente confermata anche dalla Corte di Appello di Perugia alla quale si era rivolto l’ingegnere per ottenere la riforma della sentenza di primo grado.

In particolare la Corte perugina affermava che non era possibile una liquidazione del danno, nemmeno equitativa, in quanto per ritenere accertato un danno all’attività non era sufficiente la mera affermazione della mancata disponibilità – per circa otto mesi – della utenza telefonica fissa a fronte del ormai notorio uso prevalente delle utenze telefoniche mobili.

Il professionista si rivolgeva pertanto alla Cassazione per ottenere l’annullamento della sentenza.

IL GIUDIZIO DELLA CASSAZIONE

La Cassazione, di fatto, ha condiviso il ragionamento fatto dalla Corte d’Appello.

Nella misura in cui il professionista aveva potuto usufruire di una linea telefonica mobile, la pur dimostrata indisponibilità della linea telefonica fissa, da sola considerata, non poteva ritenersi sufficiente a dimostrare un danno alla attività professionale in mancanza della allegazione e dimostrazione di fatti – quali ad esempio la perdita di chanches professionali o affari – più circostanziati.

IL RISARCIMENTO DEL DANNO E L’ONERE DELLA PROVA

Il riconoscimento e la liquidazione del danno richiedono, in primo luogo, la prova dell’esistenza del danno, ovvero di una condotta illecita attribuibile a un’altra persona – come, nel caso deciso dalla Cassazione, il grave ritardo nel trasferimento della linea dal vecchio al nuovo gestore – e delle conseguenze che questa condotta ha provocato – nel caso deciso la mancata disponibilità della linea per un lungo periodo di tempo.

In secondo luogo, il danneggiato deve fornire la prova dell’entità del danno, ossia la sua determinazione monetaria.

LA VALUTAZIONE EQUITATIVA DEL DANNO AI SENSI DELL’ART 1226 C.C.

L’art. 1226 c.c. stabilisce che se il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare, il giudice lo può liquidare in via equitativa.

La via equitativa è il prudente apprezzamento del giudice basato anche su nozioni di comune esperienza.

La norma vuole evitare di lasciare privo di ristoro il danneggiato nel caso in cui la determinazione esatta del danno patito dipenda, ad esempio, da complesse o addirittura impossibili valutazioni tecniche.

PRESUPPOSTI E LIMITI PER LA LIQUIDAZIONE EQUITATIVA DEL DANNO

Tuttavia, per usare questo potere, il danno – come ha ricordato la Cassazione nella ordinanza 17 novembre 2020 n. 26051 – deve essere stato almeno accertato oggettivamente.

Nel caso di specie la Cassazione ha osservato che il professionista si era limitato a affermare la mancata disponibilità della linea fissa per un periodo di 8 mesi, senza, sostanzialmente, dedurre nulla di più.

CONCLUSIONI

Questa sola circostanza, secondo il giudizio della Cassazione, provava certamente un grave inadempimento del gestore nel trasferire la linea.

Tuttavia non era da sola sufficiente – senza che alla stessa venissero aggiunte altre circostanze – a dimostrare un danno patito dalla attività professionale dell’ingegnere, specie considerata la circostanza – di comune esperienza – che le utenze telefoniche mobile hanno grandemente soppiantato e spesso del tutto sostituito, nell’uso comune, quelle fisse.

Avv. Elena Pagliaretta

 

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