Zona rossa Lombardia

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Dati per la determinazione della zona di rischio comunicati in modo errato dall’amministrazione competente: gli esercenti rimasti chiusi possono agire con la “nuova” class action?

Sulla stampa nazionale si leggono notizie relative alla ipotesi che i danni economici patiti dai soggetti che hanno dovuto tenere chiusi i propri esercizi commerciali a causa di una erronea classificazione della Lombardia nel mese di gennaio 2021 siano fatti valere, nei confronti dell’ente – regione o stato – che sarà dimostrato essere responsabile dell’errore, con lo strumento della class action civilistica.

Vediamo dunque cosa prevede la legge italiana in tema di “tutela collettiva”.

LA “NUOVA” AZIONE DI CLASSE INTRODOTTA DALLA LEGGE 31/2019

La legge n. 31 del 12 aprile 2019 ha introdotto, inserendo le relative norme in un nuovo titolo del Codice di procedura civile – precisamente agli articoli 840-bis e seguenti – la disciplina della “nuovaazione di classe class action.

È uno strumento di tutela a portata generale che allarga la platea dei potenziali “fruitori” estendendola oltre il recinto delimitato dal D.lgs. 206/2005 (Codice del Consumo) che aveva riservato ai soli consumatori o utenti finali dei rapporti consumeristici la azione di classe prevista all’art. 140 bis del codice stesso.

Questo nuovo – o sarebbe meglio dire rafforzato e più generale – strumento di tutela “collettiva” di diritti individuali presenta, rispetto all’azione di classe del Codice del consumo, una importante peculiarità: la facoltà, da parte dei soggetti titolari dei diritti, di aderire all’azione di classe – e quindi partecipare alla successiva fase “liquidatoria” del danno – anche dopo la definizione della fase di merito nella quale sia già stato accertato, a carico dell’impresa o dell’ente chiamati in causa, la condotta che ha usato il danno e la sua risarcibilità.

L’articolo 8, comma 5, del decreto Milleproroghe (D.L. n. 162/2019, convertito in L. n. 8/2020) ha differito al 19 novembre 2020 l’entrata in vigore della nuova disciplina originariamente prevista per il 19 aprile 2020.

L’art. 26 del D.L. 149/2020 ha nuovamente posticipato al 15 maggio 2021 l’entrata in vigore della novella normativa anche per la mancata predisposizione dei decreti attuativi.

LE FINALITÀ DELLE AZIONI DI CLASSE

Il fine delle azioni di classe è quello di fornire una tutela efficace per ristorare i danni derivanti da cd. illecito “plurioffensivo”, ovvero dal singolo illecito che danneggia simultaneamente una pluralità di soggetti – come può avvenire nel caso di illeciti ambientali – o dalla condotta illecita di un soggetto reiterata più volte nel tempo e nello spazio, con analoghe conseguenze dannose su una pluralità di soggetti – come avviene tipicamente nel caso delle pratiche commerciali scorrette.

I vantaggi della azione di classe rispetto a quella individuale 

Si tratta, in sostanza, di una tutela “collettiva” di diritti individuali.

I potenziali vantaggi offerti da tale tutela sono rappresentati dalla economia processuale, con riduzione dei tempi e dei costi del contenzioso “condiviso”; dall’accesso alla giustizia per soggetti che diversamente, per una questione di costi in rapporto ai benefici, desisterebbero dall’agire in giudizio individualmente; da un effetto di “deterrenza” rivolta ai potenziali danneggianti – costituita principalmente dalla pubblicità data ai provvedimenti di condanna – nel porre in essere (o proseguire) condotte produttive di  “microlesioni” o “microdanni”, non per questo meno ingiusti e meno meritevoli di sanzione, contando sulla inerzia dei danneggiati.

La pubblicità della presentazione dell’azione e della decisione 

Infatti, le nuove disposizioni in materia di azione di classe mirano a rendere le condotte potenzialmente scorrette di imprese e enti meno convenienti prevedendo la pubblicità sia della introduzione dell’azione sia della decisione nel merito del Tribunale, pubblicità che può comportare, per il danneggiante condannato – in aggiunta alla condanna di risarcimento pecuniario – anche un ben più pregiudizievole danno all’immagine e alla reputazione commerciale.

L’OGGETTO DELLA TUTELA: I DIRITTI INDIVIDUALI “OMOGENEI”

Oggetto della tutela sono, in base a quanto previsto dall’art. 840-bis c.p.c., i cosiddetti diritti individuali “omogenei” dei quali, tuttavia, le nuove norme non forniscono una definizione chiara e puntuale.

Il requisito della “individualità” dei diritti tutelati: sia nei rapporti B2B che B2C

Deve trattarsi innanzitutto di diritti individuali – cioè di titolarità di singoli soggetti – che derivano, in primo luogo, dalla generalità dei rapporti contrattuali, compresi quelli business to business (B2B) essendo venuto meno il limite che vedeva la “vecchia” class action assicurata, secondo quanto previsto dall’art. 140-bis del Codice del Consumo, ai soli rapporti consumeristici, ossia quelli in essere tra professionista e consumatore, i cd. business to consumer (B2C).

Tutela estesa anche a illeciti extracontrattuali non consumeristici 

Tali diritti individuali possono derivare anche da rapporti extracontrattuali: mentre la “vecchia“ class action poteva essere utilizzata – secondo l’art 140-bis del Codice del Consumo – solo per chiedere tutela in caso di responsabilità del produttore di beni o di condotte illecite delle imprese che ponevano in pratiche commerciali scorrette o comportamenti anticoncorrenziali, la “nuova” azione di classe codicistica può essere fatta valere in ogni caso in cui un’impresa o un gestore di servizi pubblici pongano in essere comportamenti illeciti che danneggiano una “generalità di soggetti” i quali costituiscono, dunque, una “classe” di (potenziali) danneggiati.

Il requisito della omogeneità dei diritti individuali tutelati 

L’unico requisito espressamente previsto dal legislatore per la formazione di una classe è quello della omogeneità dei diritti lesi: il legislatore della riforma non ha colto l’occasione di meglio definire tale requisito il cui contenuto va dunque ricercato nelle pronunce della giurisprudenza.

Nozione di “omogeneità” dei diritti : la sentenza del Tribunale di Venezia 25.5.2017

Secondo quanto chiarito dalla sentenza del Tribunale di Venezia del 25.5.2017 ciò che rende “omogenei” i diritti individuali di una classe di aderenti, così suscettibili di ricevere tutela attraverso lo strumento della azione di classe, è, oltre alla “comunanza” del fatto generatore del danno, l’ulteriore circostanza che – pur nella inevitabile diversità delle domande dei singoli soggetti che ne fanno parte, considerato che il danno da risarcire e le somme da restituire saranno diverse da creditore a creditore – siano identiche le voci di danno richieste e identici i metodi e i principî per determinare le esatte somme spettanti a ciascuno degli aderenti (cd. criteri omogenei).

LE DOMANDE PROPRONIBILI CON LA NUOVA AZIONE DI CLASSE

Le domande proponibili ai sensi di quanto disposto dall’art. 840-bis, comma 1 c.p.c., sono quelle volte all’accertamento della responsabilità dell’impresa o dell’ente e alla conseguente condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni.

I SOGGETTI DELLA NUOVA AZIONE DI CLASSE

I ricorrenti: il singolo appartenente alla classe o le associazioni rappresentative 

L’art. 840-bis, comma 2 c.p.c. prevede che possano utilizzare la nuova class action ciascun soggetto – non più solo al consumatore – che appartenga a una specifica classe di contraenti o soggettidanneggiati” e altresì – e qui è stata introdotta un’importante novità rispetto alla vecchia class action – ogni organizzazione o associazione, senza scopo di lucro, che abbia tra gli obiettivi del proprio statuto la tutela dei diritti individuali omogenei che si intende far valere.

La legittimazione degli enti e organizzazione – una legittimazione loro propria e non più in qualità di rappresentanti della classi – è una importante novità.

Questi enti – cd esponenziali – dovranno pur sempre, nell’agire direttamente con la nuova azione di classe, indicare nominativamente i titolari dei diritti individuali che sostengono essere stati lesi dal soggetto chiamato in giudizio: di fatto resta pur sempre una funzione di “class representitive”.

Enti rappresentativi: i requisiti necessari 

Non tutti gli enti esponenziali possono agire in giudizio iure proprio, ma solo quelli iscritti in un elenco pubblico che dovrà essere costituito con decreto del Ministro della Giustizia, di concerto con il Ministro dello Sviluppo Economico, che dovrà stabilire i requisiti per l’iscrizione.

In particolare, gli enti dovranno avere nelle loro finalità quelle di rappresentare i diritti individuali oggetto della azione di classe, dovranno essere “rappresentativi” e stabili, requisito quest’ultimo che esclude la possibilità che possano agire con l’azione di classe comitati costituiti ad hoc.

Il soggetto destinatario delle azioni di classe 

L’art. 840-bis, comma 1 c.p.c. prevede che la nuova azione di classe possa essere rivolta contro le imprese e contro i gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità che si assumono autori di condotte lesive, realizzate nello svolgimento delle loro rispettive attività.

Sulla nozione di impresa ai sensi dell’applicazione della azione di classe 

Nella nozione di impresa – che include le ditte individuali, le società e anche gli imprenditori agricoli e i piccoli imprenditorivanno in questa sede annoverati anche i professionisti e gli enti – di natura pubblica o privata – che erogano servizi pubblici all’utenza operando con metodo imprenditoriale ed eventualmente anche in assenza di scopo di lucro.

Sulla nozione di gestori di pubblici servizi o di pubblica utilità 

Quanto alla legittimazione passiva dei “gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità”, il legislatore non ha ritenuto di precisare esattamente chi siano tali soggetti; il riferimento non sembra, comunque, limitato ai soli “concessionari” dei servizi predetti, dovendo invece includere anche gli enti pubblici incaricati della gestione diretta dei servizi stessi.

L’AMBITO DI APPLICAZIONE TEMPORALE

La nuova azione di classe potrà essere utilizzata per chiedere tutela contro le condotte illecite delle imprese e degli altri enti realizzate successivamente alla data di entrata in vigore della legge – il 19 novembre 2020 – restando quelle poste in essere precedentemente oggetto della vecchia azione di classe del Codice del Consumo.

Può sorgere un problema con riferimento agli illeciti c.d. permanenti – quelli nei quali la condotta illecita dura per un certo lasso di tempo – e agli illeciti istantanei ma con effetti permanenti, ovvero quelli nei quali i danni prodotti durano per lungo tempo, come ad esempio negli illeciti ambientali e medico-sanitario.

Se la condotta illecita permanente è cominciata prima dell’entrata in vigore della nuova azione di classe ma si protrae anche dopo, la soluzione più pratica è quella di considerare questa condotta non in senso atomistico – cioè riferita ai singoli individui della classe – ma riferita alla classe per intero: se anche solo alcuni degli illeciti riconducibili alla condotta da sanzionare sono riferibili temporalmente al periodo successivo alla entrata in vigore della disciplina sulla nuova azione di classe, sarà applicabile quest’ultima.

LE TRE FASI DEL PROCEDIMENTO

L’azione di classe, ai sensi dell’art. 840-ter, deve essere proposta con ricorso davanti alla sezione specializzata in materia di impresa del Tribunale ove ha sede l’impresa o l’ente la cui condotta è contestata.
La vecchia azione di classe consumeristica di cui all’art. 140-bis del Codice del consumo prevede al contrario la competenza del luogo di residenza del consumatore.

Il ricorso dovrà essere completo di tutte le istanze istruttorie e dei documenti a sostegno della domanda, oltre che l’esplicitazione dei presupposti che rendono ammissibile la azione di classe.

Il procedimento così instaurato si compone sostanzialmente di tre fasi, o meglio di due sicure e di una eventuale (nel caso di accoglimento nel merito della domanda).

LA PRIMA FASE: LA VALUTAZIONE DELLA AMMISSIBILITÀ DELLA AZIONE

Pubblicazione sul portale del ricorso e della data dell’udienza 

Depositato il ricorso introduttivo, il Tribunale, ai sensi dell’art 840-ter c.p.c.., deve fissare un’udienza: ricorso e decreto di fissazione dell’udienza sono pubblicati – per assicurarne la più efficace conoscenza e reperibilità di tutte le informazioni – sul Portale dei Servizi Telematici del Ministero della Giustizia.

Ordinanza di ammissibilità pronunciata dal Tribunale 

Il Tribunale, entro 30 giorni dall’udienza, deve pronunciarsi con ordinanza sull’ammissibilità della domanda valutando, in particolare, la sua non manifesta infondatezza e la sussistenza del requisito di omogeneità dei diritti individuali fatti valere con l’azione, ai sensi dell’articolo 840-bis.

Questa fase – che funge da “filtro” – consente ai potenziali aderenti di valutare l’opportunità di aderire all’azione e all’impresa o all’ente chiamato in causa di fare una preliminare valutazione nel merito dei rischi della causa stessa.

L’ordinanza che decide sull’ammissibilità è pubblicata sul portale dei servizi telematici.

Prima “finestra” per l’adesione all’azione di classe 

Sorge qui, ai sensi dell’art 840-quinquies c.p.c., la prima “finestra” offerta ai singoli titolari di quei diritti individuali omogenei per aderire al procedimento divenendone parti sostanziali.

Il singolo interessato potrà aderire compilando un modulo standard – che deve contenere tutti i dati e le informazioni precisate all’art. 840-septies – senza la obbligatoria assistenza di un difensore e depositandolo telematicamente, nel termine fissato dal Tribunale, nel “fascicolo” del procedimento situato in una apposita area del Portale dei servizi telematici.

Le modalità di adesione alla azione di classe  

Il decreto Milleproroghe 2019 (D.L. n. 162/2019, convertito in l. n. 8/2020) ha precisato che chi richiede l’adesione deve essere identificato attraverso il sistema pubblico di identità digitale (SPID), o con la carta di identità elettronica e la carta nazionale dei servizi.

Questa “formalizzazione” delle modalità di adesioni vanno in un senso del tutto differente dall’orientamento espresso dalla Cassazione civile con la sentenza n. 12997/2019 laddove, per le azioni di classe del Codice aveva statuito la possibilità per i consumatori e gli utenti di aderire all’azione comune anche tramite fax e posta elettronica, senza l’osservanza di particolari formalità,
L’aderente alla azione di classe può, oltre che avere accesso a tutte le informazioni, anche offrire prove, inclusa una forma di testimonianza scritta.

LA SECONDA FASE: IL GIUDIZIO DI MERITO

Si apre dunque la fase di merito del procedimento nella quale si svolge la vera e propria attività di istruzione della causa.

La nuova disciplina codicistica ha introdotto alcune importanti peculiarità in favore dei ricorrenti-aderenti: in caso sia necessario effettuare una consulenza tecnica d’ufficio, l’anticipo delle spese è posto in genere a carico dell’impresa o dell’ente chiamato in giudizio; l’ordine all’impresa o all’ente di depositare documenti in suo possesso non ha i limiti delle cause individuali; il giudice, per decidere sulla responsabilità della parte chiamata in giudizio, può anche servirsi di dati statistici, oltre che e di presunzioni semplici” (art. 840-quinquies, comma 4 c.p.c.).

La sentenza che definisce la fase di merito 

La fase di merito si conclude con una pronuncia da parte del Tribunale, anch’essa pubblicata sul Portale Servizi Telematici.

La “definizione” dei diritti individuali omogenei 

Se il Tribunale accerta, in capo all’impresa o all’ente chiamato in giudizio, una condotta che ha leso i diritti individuali omogenei fatti valere dal ricorrente, il Tribunale “definisce” in primo luogo nella stessa sentenza – ai sensi dell’art. 840-sexies – i caratteri dei diritti omogenei precisando quali elementi devono avere i diritti dei singoli – che abbiano già aderito o meno – per essere inclusi nella classe e indicando i documenti che i futuri aderenti devono presentare  per dimostrare di essere titolare dei diritti così enucleati.

La “seconda” finestra per aderire all’azione di classe 

Si apre così – ed è questa la novità assoluta della “nuova” azione di classe – la “seconda finestra” di adesione all’azione di classe nel termine fissato dallo stesso Tribunale – tra 60 e 150 giorni dalla pubblicazione della sentenza – entro il quale i soggetti portatori dei diritti individuali omogenei “definiti” in sentenza possono intervenire ex post al procedimento producendo i documenti che attestino il loro status di titolari dei diritti individuali omogenei definiti dal Tribunale e formulando la loro richiesta.

Se il ricorrente è un componente della classe – e non un ente esponenziale – la sentenza provvede già alla condanna specifica dell’impresa o dell’ente gestore relativamente alle domande del ricorrente stesso; per tutti gli altri la sentenza è di condanna “generica” il cui contenuto è demandato alla successiva fase.

LA TERZA FASE: LA LIQUIDAZIONE “PARACONCORSUALE”

La fase liquidatoria è quella finalizzata a “quantificare” e “soddisfare” le pretese di quanti hanno aderito alla azione di classe.

Questa fase è disciplinata, essenzialmente, come una sorta di procedura concorsuale nella quale il tribunale nomina un giudice delegato per la procedura e un rappresentante comune degli aderenti che ha il ruolo di una sorta di “curatore”.

Il “progetto” dei diritti individuali omogenei degli aderenti 

Concesso all’impresa o all’ente “condannato” un termine per depositare un atto difensivo, il rappresentante comune predispone, sulla base dei documenti depositati dagli aderenti a sostegno delle loro pretese, un “progetto” dei diritti individuali omogenei degli aderenti, esprimendo per ciascuno le sue “conclusioni”.

Questo progetto, eventualmente modificato in base alle osservazioni delle parti, viene sottoposto al giudice delegato che provvede, con decreto motivato che costituisce anche titolo esecutivo, accogliendo o rigettando le domande di adesione; se accoglie condanna il resistente al pagamento delle somme o delle cose dovute a ciascun aderente a titolo di risarcimento o di restituzione.

CONCLUSIONI

E’ dunque configurabile una azione di classe da parte dei commercianti – o a associazioni che da statuto li rappresentano – contro l’amministrazione  pubblica per avere comunicato o interpretato erroneamente i dati sanitari riguardanti i parametri Covid-19 della Lombardia e in tal modo causato l’inserimento della regione nella zona di massimo rischio con conseguente chiusura delle attività economiche per settimane ?

La coesistenza con la azione di classe pubblicistica ex d.lgs. n. 198/2009

Lo stesso art. 840-bis, comma 3 c.p.c. fa riferimento, facendola salva, alla cd. azione di classe pubblicistica ex d.lgs. n. 198/2009,  che consente ai singoli, o ad associazioni, e a determinate condizioni, di avviare, davanti al Giudice Amministrativo (T.A.R.), un’azione giudiziale contro l’organo della Pubblica Amministrazione o contro il Concessionario di servizi pubblici per contestare violazioni di obblighi contenuti nelle carte di servizi o gli standard di qualità fissati per i concessionari dei servizi.

Lo strumento ha il fine, se l’azione è accolta, di far ordinare alla P.A. o il Concessionario di porre rimedio a disservizi e inerzie entro un congruo termine ma non consente di ottenere il risarcimento del danno cagionato dagli atti e dai comportamenti degli enti.

La Regione è un ente gestore di pubblici servizi ?

Può in questo soccorrere la “nuova” azione di classe di cui all’art 840-bis c.p.c.?

La norma, come detto, identifica come parte destinataria della azione collettiva, oltre all’impresa, gli enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità.

L’Amministrazione regionale, nella sua natura di articolazione politica e amministrativa del potere dello Stato, rientra in questa categoria?

Quale sarebbe, del caso, il “servizio pubblico” o “di pubblica utilità” erogato “male”?  O si è trattato, piuttosto di un atto amministrativo che godeva di un margine di discrezionalità ?

E ancora: l’errore, se sanzionabile ai sensi dell’art 840-bis c.p.c., a chi è effettivamente attribuibile ?

In attesa della pronuncia di merito  del TAR del Lazio

Tutti questi elementi dovranno essere chiariti per poter dare una risposta al quesito: sull’errore è presumibile che qualche cosa si saprà una volta concluso il giudizio pendente davanti al TAR del Lazio che, sebbene sia stata ritirata l’istanza cautelare, proseguirà nel merito per l’accertamento dei fatti.

Avv. Elena Pagliaretta

 

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