assegno divorzio

La convivenza stabile deve far venire meno in modo automatico l’assegno di divorzio ?

La Corte di Cassazione ha recentemente deciso di rimettere in discussione il suo consolidato orientamento che aveva equiparato, in materia di assegno divorzile, l’automatica decadenza dal diritto per il coniuge beneficiario che contragga nuove nozze a quello dell’ex coniuge che costituisca una nuova famiglia di fatto stabile.

Assegno divorzile e convivenza stabile si escludono ?

Con l’ordinanza n. 28995/2020, depositata il 17.12.2020, la prima sezione, a seguito del ricorso proposto da una ex moglie che si era vista togliere il diritto all’assegno, ha ritenuto di investire le Sezioni Unite al fine di rimeditare il suo stesso orientamento al quale la Corte d’Appello di Venezia aveva dato applicazione.

IL CASO CONCRETO

Il Tribunale di Venezia aveva dichiarato la cessazione degli effetti civili di un matrimonio ponendo a carico del marito, oltre all’obbligo di contribuire al mantenimento dei figli minori, anche quello di versare alla ex moglie un assegno mensile di divorzio.

L’ex marito proponeva quindi appello contro la sentenza del Tribunale chiedendo che la condanna al pagamento dell’assegno divorzile venisse revocata in quanto l’ex moglie aveva instaurato una stabile convivenza con un nuovo compagno, da cui aveva avuto una figlia.

La riforma della sentenza in Corte d’Appello

La Corte di appello di Venezia accoglieva, in favore dell’ex marito, la richiesta di riforma della sentenza pronunciata dal tribunale veneziano.

La Corte veneziana non aveva fatto altro che applicare l’orientamento più recente della Cassazione secondo il quale l’instaurazione, da parte del coniuge divorziato, di una nuova convivenza stabile, ancorché di fatto, con il conseguente scioglimento di ogni connessione con il tenore ed il modello di vita della precedente convivenza matrimoniale, determina la decadenza “automatica” dall’assegno divorzile senza che il giudice di merito abbia un qualsivoglia potere discrezionale nel decidere sul punto ponderando, ad esempio, le circostanze del caso concreto quali, ad esempio, i redditi degli ex coniugi  e il contributo dato – anche in termini di rinunce – alla realizzazione della vita familiare.

Motivi addotti dalla ex moglie beneficiaria nel ricorso in Cassazione

L’ex moglie a sua volta presentava ricorso in Cassazione sostenendo che la Corte d’Appello aveva applicato in modo scorretto l’art. 5 della Legge n. 898 del 1970 (cd. Legge sul divorzio) nella sua decisione di equiparare, ai fini della automatica perdita del suo diritto all’assegno divorzile, la semplice convivenza more uxorio con un nuovo compagno senza operare alcuna valutazione discrezionale del caso concreto.

La rinuncia a occasioni professionali e l’accudimento della famiglia

La signora, nei nove anni di durata del matrimonio, aveva infatti rinunciato alla sua attività professionale per dedicarsi interamente ai figli, e ciò anche dopo la separazione.

Il marito aveva potuto, per contro, dedicarsi completamente alla propria carriera, divenendo titolare e amministratore di una delle più prestigiose imprese di commercializzazione e produzione delle calzature in Italia, con un fatturato all’estero pari a qualche milione di euro.

La difficoltà a reperire una occupazione in età matura

La signora, giunta a un’età che le rendeva difficile reperire un’attività lavorativa, si era effettivamente unita a un nuovo compagno dal quale aveva avuto un’altra figlia e che percepiva tuttavia un reddito da lavoro dipendente di poco più di mille euro al mese, per di più “falcidiato” dal mutuo per l’acquisto di una casa presso la quale convivevano anche i figli ancora studenti del precedente matrimonio della signora stessa.

I RIFERIMENTI NORMATIVI ALL’ASSEGNO DIVORZILE

L’art. 5 della Legge sul divorzio prevede che il tribunale che pronuncia lo scioglimento del matrimonio può stabilire l’obbligo a carico di uno degli ex coniugi di corrispondere all’altro un assegno – il cd. assegno divorzile – allorquando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive.

I criteri e i presupposti per il riconoscimento dell’assegno divorzile

I criteri in base ai quali il giudice deve – sussistendone i presupposti – quantificare l’assegno sono indicati dall’ art. 5 nelle condizioni dei coniugi, nelle ragioni della decisione, nel contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, nel reddito di entrambi, il tutto valutato alla luce della durata del matrimonio.

Decadenza automatica in caso di nuove nozze

Lo stesso art. 5 prevede espressamente la decadenza automatica del diritto a ricevere l’assegno di mantenimento per l’ex coniuge beneficiario che contrae nuove nozze a far data dal giorno stesso della celebrazione del nuovo matrimonio.

LA NATURA DELL’ASSEGNO DIVORZILE

L’orientamento più risalente della Corte di Cassazione, espresso con la sentenza n. 11490/1990, aveva attribuito all’assegno divorzile una eminente funzione di conservazione del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.

La funzione assistenziale

La Cassazione aveva precisato che – anche alla luce di alcune modifiche apportate alla norma di riferimento, l’art. 10 legge 6 marzo 1987 n. 74 – il presupposto per concedere l’assegno è costituito dall’inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente – tenendo conto dei suoi redditi e del patrimonio – ad assicurargli la conservazione di un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio.

Non era ritenuta necessaria la sussistenza di uno stato di bisogno dell’avente diritto che poteva perfino essere autosufficiente da un punto di vista economico – poiché a rilevare era unicamente l’apprezzabile deterioramento, in dipendenza del divorzio, delle condizioni economiche del medesimo.

Il ripensamento della Cassazione con la sentenza n. 11504/2017

Con la nota sentenza n. 11504/2017, la stessa Cassazione ha tuttavia rivisto la sua posizione stabilendo che il riconoscimento dell’assegno divorzile deve prescindere dal parametro di riferimento del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.

L’istituto stesso del divorzio – finalizzato a “recidere” lo stretto legame solidaristico del matrimonio in tutte le sue componenti, personali ed economico-patrimoniali – collideva con la funzione, data fino ad allora all’assegno di divorzio, di garantire “ultra attivamente” al coniuge beneficiario una condizione – il tenore di vita matrimoniale appunto – che non aveva più ragion d’essere venendo meno il suo stesso presupposto costituito dal matrimonio.

In questa prospettiva, la Cassazione ha dunque chiarito che l’assegno di divorzio riconoscibile in favore dell’ex coniuge riveste una natura eminentemente assistenziale e il diritto a percepirlo sorge allorquando il richiedente sia privo di mezzi economici adeguati e altresì impossibilitato a procurarseli per ragioni obiettive.

L’evoluzione della posizione della Cassazione civile con la sentenza SSUU n. 18287/2018

Con la successiva sentenza n. 18287/2018, pur ribadendo che la funzione dell’assegno non è quella di ricostituire  il tenore di vita in costanza di matrimonio, la Cassazione ha tuttavia precisato che l’emolumento in questione ha pur sempre una funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, dovendo anche mirare a dare un riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi.

La funzione equilibratrice

Di conseguenza il giudice interpellato, nel decidere se attribuire o meno un assegno divorziale a un ex coniuge, non  può limitarsi ad ancorare la sua valutazione alla sola mancanza di autosufficienza economica del richiedente, ma deve operare un giudizio sintetico consistente in una valutazione comparativa del contributo – non solo economico e costituito anche da rinunce – che ciascun coniuge ha fornito, durante il matrimonio, alla realizzazione della vita familiare e agli effetti che ne sono derivati sulla sfera soggettiva del coniuge che chiede l’assegno.

La “sintesi” operata dal Tribunale di Novara nella sentenza n. 427/2020

Il Tribunale di Novara, con la sentenza n. 427/2020, in applicazione dei chiarimenti apportati della Cassazione, ha enucleato la coesistenza, nell’assegno divorzile, della triplice funzione assistenziale, compensativa e perequativa.

Il tribunale piemontese ha puntualizzato come un giudice richiesto dall’ex coniuge di decidere sulla concessione di un assegno divorzile debba, in aggiunta al criterio assistenziale come più volte individuato, tenere anche conto di un criterio compensativo – teso e valutare le occasioni mancate e i sacrifici sopportati dal coniuge debole nell’interesse della famiglia – e un criterio compensativo-perequativo – finalizzato ad apprezzare il risparmio conseguito o le risorse economiche aggiuntive ottenute dalla famiglia grazie al contributo del coniuge richiedente.

LA RICHIESTA DI INTERVENTO CHIARIFICATORE DELLA CASSAZIONE A SEZIONI UNITE

La prima sezione della Corte di Cassazione, con la citata ordinanza n. 28995/2020, ha infine ritenuto di dover nuovamente sollecitare l’intervento delle Sezioni Unite Civili affinché forniscano, dopo avere rimeditato la materia anche alla luce dei motivi addotti in ricorso dalla ex moglie, un definitivo chiarimento sulla questione della applicazione della regola dell’automatica perdita del diritto all’assegno – prevista espressamente dalla legge per il solo caso di nuove nozze – anche al caso dell’ex coniuge che stabilisca con un nuovo compagno una unione di fatto – cd. more uxorio – con la caratteristica della stabilità.

Secondo il ragionamento della Cassazione, il criterio compensativo – che richiede la considerazione dell’apporto personale dato dall’ex coniuge alla conduzione della “precedente” famiglia e alla formazione del patrimonio comune – destinato ad integrare, come precisato della stessa Cassazione, quello assistenziale, dovrebbe escludere l’automatismo estintivo dell’assegno divorzile quale conseguenza della nuova convivenza.

La questione, sotto questo specifico profilo, dovrebbe restare affidata un apprezzamento discrezionale del giudice del singolo caso concreto per una applicazione costituzionalmente orientata in applicazione dei principi di cui agli artt. 2,3,29 e 30 della Costituzione.

Assegno divorzile e convivenza stabile si escludono automaticamente o no?

Non resta ora che attendere i chiarimenti della Cassazione.

 

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