E-commerce e franchising

Come si concilia l'”universalità” del commercio on-line con le esclusive territoriali dei franchisee ?

Il settore del franchising, così come ogni altro settore del commercio, ha sviluppato e sfruttato da tempo le potenzialità dell’e-commerce che, in misura sempre crescente, si è aggiunto come nuovo canale di vendita, ai canali storici della distribuzione rappresentati dalla rete dei punti vendita fisici presenti sul territorio, sia quelli diretti del franchisor che quelli dei franchisee affiliati.

Le evidenti peculiarità che regolano questo strumento, e in particolare la caratteristica di essere raggiungibile dai potenziali clienti da qualsiasi luogo geografico nel quale possano disporre di una connessione internet, hanno comportato la necessità di ripensare, adattandoli alla novità tecnologica, l’interpretazione e applicazione di norme e principi che regolano questo particolare modello di distribuzione commerciale e, specificatamente, i rapporti tra franchisor e franchisee, e tra i diversi franchisee tra di loro.

CLAUSOLA DI CONCESSIONE IN ESCLUSIVA AL FRANCHISEE DI UNA ZONA TERRITORIALE

Mi riferisco in particolare all’aspetto della concessione in esclusiva di una determinata zona territoriale a favore del franchisee.

Il diritto del franchisee esclusivista di essere il solo a poter distribuire i prodotti o i servizi del brand nella zona a lui assegnata in esclusiva non pone particolari problemi interpretativi nel “mondo fisico”.

Per contro, lo stesso diritto risulta non priva di punti critici nella sua concreta applicazione quando, all’interno della rete in franchising, il franchisor e anche i singoli franchisee svolgono la loro attività commerciale anche con lo strumento dell’e-commerce.

FRANCHISEE ESCLUSIVISTA E COESISTENZA COL SITO E-COMMERCE DEGLI ALTRI FRANCHISEE

Va subito chiarito che un franchisor non può vietare tout-court a un suo franchisee, neppure facendogli sottoscrivere una apposita clausola contrattuale, il diritto di commercializzare i prodotti o servizi, oltre che nel punto vendita fisico, anche attraverso un proprio sito web.

La disciplina del Regolamento UE n. 330/2010 sugli accordi di restrizione

Il Regolamento n. 330/2010 della Commissione Europea – che detta la disciplina applicabili agli accordi e alle pratiche concordate tra imprese potenzialmente idonei a restringere la concorrenza – considerati gli effetti benefici della concorrenza tra imprese per i consumatori – maggiore scelta di beni e concorrenza sui prezzi – vede con sfavore le restrizioni alle vendite tra le quali rientra, tecnicamente, anche un eventuale accordo tra franchisor e franchisee che precludesse a quest’ultimo l’utilizzo del canale di vendita digitale.

Quando la ripartizione del mercato può avere una giustificazione ?

Tuttavia, esistono modelli distributivi – tra i quali proprio il franchising – nei quali la “ripartizione” del mercato in zone risponde a interessi meritevoli di essere salvaguardati a vantaggio del corretto funzionamento di tutta la rete, quale, ad esempio, che i singoli franchisee non vedano cannibalizzato. il loro mercato, a detrimento della loro stessa sopravvivenza, da politiche aggressive di altri franchisee.

DISTINZIONE TRA VENDITE ATTIVE E VENDITE PASSIVE

Il Regolamento opera in proposito una fondamentale distinzione tra vendite attive – oggetto di possibili restrizioni e vendite passive – non passibili di restrizioni – che si applica anche al mondo del web.

Si considerano passive le vendite nelle quali il prodotto viene semplicemente offerto sul sito, inteso come una sorta di vetrina virtuale, senza che il venditore attui una qualche ulteriore azione attiva finalizzata a sollecitare i consumatori all’acquisto sullo stesso sito: tale sarebbe, ad esempio, la pubblicazione su siti o pagine di terzi di banner promozionali con link ipertestuali per far atterrare i potenziali clienti sul sito di e-commerce del venditore.

Le vendite attive on-line: in cosa consistono

Applicando questa regola, il franchisor può vietare ai franchisee solo le vendite on-line attive rivolte specificamente e intenzionalmente a sollecitare gruppi di clienti che si trovano nelle zone concesse in esclusiva ad altri franchisee: come sarebbe, ad esempio, l’inserzione, da parte di un franchisee, di un banner su un giornale locale di una città ubicata in una zona diversa da quella assegnatagli e concessa in esclusiva a un altro franchisee.

Un franchisee che gode di un’esclusiva territoriale non potrà quindi contestare nulla al franchisor che abbia concluso, per un’altra zona, un contratto con un altro franchisee il quale operi anche on-line ma limitandosi a effettuare solo vendite passive come sopra definite.

In tal modo viene assicurata una concorrenza leale tra tutti i franchisee che operano distribuiti sul mercato.

VENDITE ATTIVE DEL FRANCHISEE FUORI ZONA: RESPONSABILITÀ DEL FRANCHISEE E DEL FRANCHISOR

Occorre dunque domandarsi come può tutelarsi un franchisee al quale sia stato concesso un diritto di esclusiva territoriale qualora un altro franchisee realizzi vendite attive – on-line, ma non solo – rivolte a sollecitare il mercato dei potenziali clienti della zona assegnata al primo.

Tra i vari franchisee non c’è infatti nessun legame contrattuale: quello il cui diritto di esclusiva venga leso dalle vendite attive poste in essere nella sua zona da un altro franchisee potrà agire nei confronti di quest’ultimo contestandogli, ai sensi dell’art. 2598 c.c., la concorrenza sleale e chiedendo al giudice di ordinargli la cessazione della condotta a lui pregiudizievole e, se vi sono i presupposti, condannandolo al risarcimento dei danni patiti.

Esiste una responsabilità del franchisor per le violazioni territoriali di un franchisee?

Resta da capire se il franchisor, in quanto “titolare” della rete, possa essere chiamato anche lui a rispondere per una sorta di omessa vigilanza sul rispetto, da parte del franchisee “invasore”, del diritto di esclusiva assicurato contrattualmente ad altri franchisee.

Si può ritenere che, almeno nel caso il franchisee danneggiato denunci al franchisor l’interferenza dell’attività di un altro franchisee nella zona a lui riservata in esclusiva, il franchisor sarà tenuto, in ossequio dovere di eseguire il contratto secondo buona fede, a utilizzare tutti gli strumenti a sua disposizione per costringere il franchisee “invasore” a cessare la sua condotta illecita: ad esempio contestandogli l’inadempimento alle pattuizioni contrattuali con eventuale risoluzione del contratto e richiesta di danni.

La mancata attivazione del franchisor potrebbe quindi costituire un inadempimento colpevole agli obblighi derivanti dal contratto sottoscritto con il franchisee esclusivista danneggiato dalla attività illecita di un altro franchisee.

VENDITE DEL FRANCHISOR SUL SITO WEB DEL BRAND E DIRITTO ESCLUSIVA DEI FRANCHISEE

I franchisee inoltre possono subire anche la “concorrenza” delle vendite che il franchisor effettui attraverso il proprio e-store istituzionale, raggiungibile “universalmente” e potenzialmente assai più insidioso degli eventuali siti web degli altri franchisee in quanto, si presume, meglio indicizzato nei motori di ricerca.

Dovendo presumere che ogni vendita elettronica diretta tra franchisor e i clienti residenti nelle zone assegnate ai franchisee “sottragga” una potenziale transazione a quest’ultimo, occorre domandarsi se, a protezione della marginalità di guadagno dei franchisee, esiste un limite all’espansione del commercio digitale del franchisor e, in caso affermativo, come vada individuato.

Vendite dirette on-line del franchisor: esiste un limite a tutela del guadagno dei franchisee ?

Pur non essendo note o edite sentenze specifiche sul punto, si possono trarre alcuni principi utili da una sentenza del Tribunale di Milano del 17.1.2019 oltre che – almeno come ragionamento in punto di diritto – da due pronunce della Cour d’Appel di Parigi del 3 aprile 2019 e del 22 maggio 2019.

Salvo l’ipotesi, nella pratica assai rara – per non dire irrealistica – in cui un franchisor si sia obbligato contrattualmente a rinunciarvi, le vendite effettuate on-line da parte del franchisor sono assolutamente lecite anche in presenza di clausole di esclusiva territoriale contenute nei contratti stipulati con i franchisee.

La posizione espressa da Tribunale di Milano nella sentenza n. 425/2019

Il Tribunale di Milano, nella sentenza n. 425/2019, ha chiarito però che, anche in assenza di clausole di esclusiva territoriale, incombe sempre sul franchisor il dovere di organizzare la sua rete di vendita –sia di punti vendita in franchising sia di punti vendita diretti – avendo cura di non esporre i propri franchisee a una concorrenza non sostenibile e tale da arrecare loro un pregiudizio economico, ad esempio attraverso una densità eccessiva di canali distributivi in una stessa area.

Questo dovere deriva dalla necessaria applicazione del principio della esecuzione del contratto secondo buona fede dettato dall’art. 1375 c.c., che ha la funzione – indipendentemente dal contenuto delle obbligazioni contrattuali – di impedire condotte che, pur non violando specifici impegni contrattuali, siano comunque scorrette, sleali e tali da danneggiare l’altro contraente, in particolare compromettendo il vantaggio competitivo derivante al franchisee dall’ingresso nella rete in franchising per il quale lo stesso paga un corrispettivo.

Uno sguardo oltre confine: gli orientamenti delle corti francesi nel 2019

In Francia, la Corte d’Appello di Parigi – con due distinte sentenze del 3 aprile e del 22 maggio 2019 – ha ritenuto inoltre che il franchisee possa contestare il franchisor le vendite dirette effettuate dallo stesso attraverso l’e-store istituzionale sotto il profilo della concorrenza sleale qualora tali transazioni elettroniche raggiungano un volume troppo elevato se rapportato a quello della totalità delle vendite effettuate all’interno della rete e comunque sia in proporzioni tali da pregiudicare la redditività economica dei punti vendita dei franchisee.

Pratiche potenzialmente sleali: offerte a prezzi ribassati e tecnica dell’up-selling

Parimenti, sempre secondo la Cour d’Appel di Parigi, si configura un’ipotesi di concorrenza sleale sanzionabile anche la condotta del franchisor che effettui vendite attraverso il proprio e-store praticando prezzi più bassi rispetto a quelli “suggeriti” – quando non anche imposti – ai franchisee, con l’inevitabile conseguenza di distogliere i clienti da acquisti nei punti fisici di questi ultimi; pratica alla quale può assimilarsi il riconoscimento di una determinata scontistica solo agli acquisti on-line dell’e-store istituzionale o ancora l’up-selling sull’e-store medesimo, ossia la sollecitazione ad acquisti plurimi con il vantaggio della consegna gratuita al raggiungimento di un certo budget.

Pratiche tutte che comportano una erosione del mercato dei franchisee.

Avv. Elena Pagliaretta

 

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