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Affittare immobili su Airbnb equivale ad attività di impresa? Quali tasse si pagano ?
Un privato affitta più case, per brevi periodi, avvalendosi di piattaforme specializzate come Booking o AirBnb: la sua attività, considerato il numero degli immobili, e l’utilizzo di un servizio di prenotazione “professionale” gestito da terzi, deve considerarsi come attività di impresa e come tale essere disciplinata dalla legge?
La risposta affermativa o negativa a questa domanda ha dei risvolti tutt’altro che trascurabili per il proprietario in quanto rileva, da una parte, sul regime di tassazione da applicare ai corrispettivi ricevuti da parte degli ospiti delle strutture e, dall’altra, sull’applicazione o meno, nella disciplina dei rapporti con il cliente – ospite, della normativa speciale che tutela il consumatore.
A tale quesito l’Agenzia delle Entrate ha fornito recentemente una risposta chiarificatrice a seguito di un interpello presentato dal proprietario di una pluralità di immobili di civile abitazione situati in diverse regioni d’Italia – tra le quali Lombardia, Liguria, Lazio e Sardegna – il quale, volendo dare tali immobili in locazione per brevi periodi avvalendosi dei servizi di gestione della prenotazione offerti da portatili telematici specializzati nel settore – tra i quali Booking e AirBnB – chiedeva di sapere a quale regime fiscale sarebbero stati sottoposti i guadagni così realizzati.
Canoni di locazione per brevi periodi di soggiorno: sono redditi fondiari o d’impresa ?
In sostanza il quesito mirava a chiarire se i corrispettivi delle locazioni dei vari immobili dati in locazione per brevi periodi di soggiorno costituissero redditi fondiari ai sensi degli articoli 36 e 37 del d.P.R. n. 917/86 (di seguito “TUIR”), oppure, tenuto conto del numero complessivo non esiguo degli immobili da locare, i corrispettivi dovessero qualificarsi – ed essere tassati – come un reddito d’impresa ai sensi dell’art. 55 dello stesso TUIR.
LOCAZIONI BREVI: LA DISCIPLINA INTRODOTTA DAL DECRETO LEGGE N. 50/2017
Il Decreto-legge n. 50/17 – convertito nella L. 96/2017 – ha dato per la prima volta una definizione puntuale delle locazioni brevi a scopo turistico stabilendo le caratteristiche che devono avere i relativi contratti per essere regolati dalla specifica disciplina dettata per questi tipi di rapporto dal decreto.
Tali contratti – per i quali non è richiesta l’adozione di un particolare schema contrattuale – sono tesi a soddisfare esigenze abitative transitorie principalmente – anche se non esclusivamente – per finalità turistiche e, in base alla normativa, devono soddisfare specifiche condizioni quanto a caratteristiche dei soggetti contraenti, all’oggetto della prestazione e alla loro durata.
Locatore e conduttore devono essere persone fisiche
Per quanto riguarda le parti del contratto, la norma richiede che la locazione breve sia stipulata da persone fisiche che concludono il contratto di locazione al di fuori dell’attività d’impresa: se è rispettata questa condizione soggettiva, non rileva che i contratti con i clienti siano conclusi dai privati grazie alla intermediazione di soggetti terzi che gestiscono portali on-line di settore specializzati nella intermediazione.
Quanto alla durata del contratto, la norma prevede che la locazione non possa avere una durata superiore a 30 giorni, da computarsi per ogni singolo contratto e, anche nel caso di più contratti stipulati nell’anno tra le stesse parti.
Oggetto della locazione breve: quali altri servizi può ricomprendere ?
Con riferimento, infine, all’oggetto della prestazione offerta dal proprietario dell’immobile concesso in locazione, la stessa consiste nella concessione in godimento dell’immobile con possibilità di fornitura per l’ospite di biancheria e del servizio di pulizia dei locali.
La successiva legge di conversione del decreto-legge – la Legge 96/ 2017 – demandava a un successivo regolamento (da emanarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze) la definizione dei criteri sussistendo i quali l’attività di locazione, avendo anche riguardo al numero delle unità immobiliari locate e alla durata totale delle locazioni in un anno solare, avrebbe dovuto presumersi come svolta in forma imprenditoriale e quindi essere sottoposta alla normativa che regola l’attività di impresa.
Il previsto regolamento non è tuttavia mai stato emanato e pertanto un contribuente si rivolgeva alla Agenzia delle Entrate affinché la stessa chiarisse se esiste, quanto a immobili dati contemporaneamente in locazione breve un limite “quantitativo” – per così dire – superato il quale l’attività del proprietario debba considerarsi di natura imprenditoriale e non più “privata”.
IL PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
Nella risposta all’interpello n. 373 /2019, la Agenzia delle Entrate ha innanzitutto ricordato che per qualificare come imprenditoriale o meno l’attività “economica” di locazione di immobili occorre fare riferimento, in primo luogo, ai principi generali stabiliti dall’art. 2082 del Codice civile – che dà una definizione di imprenditore – e dall’art. 55 del TUIR (Testo unico delle imposte sui redditi D.P.R. n. 917/86 – che precisa i criteri generali (ovvero valevoli per tutte le attività) sussistendo i quali i redditi devono qualificarsi come redditi di impresa.
Fatta tale premessa, l’Agenzia delle Entrate, preso atto della mancata emanazione del Regolamento al quale la Legge 96/ 2017 demandava la precisazione i criteri specifici sussistendo i quali l’attività di locazione breve doveva presumersi svolta in forma imprenditoriale, chiariva essa stessa gli elementi soggettivi e oggettivi da considerare per qualificare le locazioni cd brevi come attività di impresa oppure non imprenditoriali.
Per quanto riguarda i soggetti, l’Agenzia delle Entrate confermava che per non che il contratto sia stipulato da persone fisiche che attuano la locazione al di fuori della attività d’impresa.
Per quanto concerne invece l’oggetto della prestazione del proprietario, l’Agenzia delle Entrate ribadiva che il contratto di “locazione breve” come definito e disciplinato dall’art. 4 del D.L. 57/2017 ha ad oggetto la messa a disposizione dell’immobile per la durata temporanea prevista dalla norma.
Fornitura di biancheria e di servizio di pulizia dei locali: sono sempre possibili
Precisava poi che a questa prestazione “principale” può essere aggiunta la fornitura di biancheria e di servizio di pulizia dei locali, servizi espressamente previsti dal citato art. 4 e che – proprio in quanto strettamente funzionali alle esigenze abitative di breve periodo – non sono tali da trasformare l’operazione “economica” di scambio concessione in godimento dell’immobile – corrispettivo di denaro in una attività di impresa del locatore, con la conseguente applicazione di tutta la relativa normativa civilistica, tributarie e fiscale.
E se si fornisce l’accesso a una rete wi-fi ?
L’Agenzia delle Entrate chiarisce che le medesime considerazioni possano valere anche quando, unitamente al godimento temporaneo dell’immobile, sono forniti ulteriori servizi come, ad esempio, la fornitura di utenze, di utilizzo di una rete wi-fi, di aria condizionata, in quanto anche questi, sebbene non contemplati dall’articolo 4 del D.L. 57/17, risultano – al pari delle fornitura di biancheria e di servizi di pulizia – servizi connessi all’utilizzo in senso stretto dell’immobile, tanto da costituire degli elementi la cui assenza o presenza incide, per così dire, sul “valore locativo temporaneo” dell’immobile e, conseguentemente, sulla determinazione del corrispettivo richiesto dal proprietario all’ospite-conduttore.
Fornitura della colazione o di pasti: mutano la natura della locazione ?
La stessa circolare esclude, per contro, che, se si intende restare nell’ambito della disciplina delle locazioni brevi introdotta del D.L. 50/2017, possano essere forniti dal proprietario, insieme alla messa a disposizione dell’abitazione, altri servizi aggiuntivi che – al contrario delle citate forniture di utenze, connessione wi-fi e condizionamento dell’aria – non presentano una necessaria connessione con le finalità residenziali dell’immobile, quali, ad esempio la fornitura della colazione, la somministrazione di pasti, la messa a disposizione di auto a noleggio o di guide turistiche o di interpreti.
CONCLUSIONI
Queste prestazioni, spiega l’Agenzia delle Entrate, richiedono un livello seppur minimo di organizzazione comprensiva di mezzi e risorse umane quali, in ipotesi, un ufficio e dei collaboratori: pertanto l’attività di locazione che contempli nell’offerta anche la fornitura di queste ultronee prestazioni – prive di una necessaria connessione con la “finalità residenziale” dell’immobile – è da considerare attività di impresa e i redditi dalla stessa prodotti non sono da qualificarsi come redditi fondiari ai sensi degli articoli 36 e 37 del TUIR ma come redditi d’impresa ai sensi dell’art 55 del TUIR.
A nulla invece rilevano, in sé considerati, né il numero delle unità immobiliari locate né l’utilizzo, per la conclusione dei contratti, dell’intermediazione di soggetti terzi che gestiscono siti internet specializzati.
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